Mediatrice di conflitti in ambito familiare e comunitario.
Mi occupo di accompagnare le persone che si sentono in un conflitto senza via d’uscita con un’altra parte. Quest’ultima, nel caso della mediazione comunitaria, può essere costituita da uno o più vicini di casa o di quartiere, o, nel caso della mediazione familiare, da un membro della famiglia.
Questa situazione di malessere può essere riconosciuta e condivisa dall’altra parte, ma può anche accadere che ne sia ignara senza che ciò costituisca un impedimento all’avvio del processo di mediazione.
Negli approfondimenti trovi maggiori informazioni su quali sono i conflitti in cui intervengo, cos’è la mediazione e il mio modo di lavorare.
Le ragioni del conflitto, per cui si richiede una mediazione, sono le più diverse. Per quanto riguarda la mediazione comunitaria, si riscontrano spesso diatribe attinenti a rumori indesiderati e all’uso degli spazi comuni, mentre, più strettamente legate all’ambito familiare, troviamo le tematiche inerenti l’educazione dei figli, le separazioni con o senza figli a carico, l’accudimento di membri della famiglia, etc. In generale, la mediazione è utile in tutti quei casi in cui non si riesce a trovare un accordo che nasca dai reali bisogni di ognuno.
Le definizioni di mediazione sono molteplici e a volte complesse. Io la spiego come la possibilità di restaurare una relazione là dove si è rotto qualcosa, molto spesso la fiducia, il sentirsi rispettati e riconosciuti. Ciò avviene grazie all’intervento di una parte terza, il mediatore appunto, che aiuta le parti coinvolte a trovare la loro propria soluzione, in un’ottica di neutralità e dialogo, in cui tutti avranno la possibilità di essere equamente ascoltati.
La mediazione di conflitti si configura come unmetodo alternativo al tradizionale sistema giudiziario, caratterizzato dalla logica della differenziazione, in cui un giudice super partes decide chi “vince”. Il suo scopo ultimo è la gestione del conflitto attraverso la creazione di una “terra di mezzo”, un luogo di ricostruzione della connessione, che favorisca la comprensione e l’ascolto mutuo da parte dei protagonisti. La sua profonda dimensione umanistica permette l’espressione e l’accoglienza del dolore e della sofferenza legati al conflitto, senza, tuttavia, porsi come terapia psicologica e si fonda sulla ricerca continua che investe problematiche locali, nazionali e internazionali.
Solitamente lavoro stabilendo previamente un numero di sedute a cui poi seguiranno dei follow/up a distanza di tempo.
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